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| Il problema del pensiero nella filosofia monista: Kabbalah e Massoneria. La filosofia di Fichte, ovvero la Kabbalah travestita
Uno dei punti in cui la dottrina del panteismo e del conseguente monismo - vale a dire dell'Universo nel suo complesso come entità unica, come unico essere di cui i singoli enti sono parti solo in apparenza distinte - presenta maggiori difficoltà, è quello del rapporto fra l'uomo (soggetto johann gottlieb fichtepensante) e la natura (oggetto del suo pensiero). È evidente che il monismo panteista non può ammettere una alterità, una diversità tra pensiero e oggetto pensato, perché se lo facesse spezzerebbe in maniera irreparabile l'unità del dio-tutto, distinguendo fra due piani, uno fisico e uno spirituale, nettamente separati e distinti. Ne deriva che esso è costretto ad affermare l'unità, l'identità fra pensiero e pensato, vale a dire fra pensiero ed essere. Le conseguenze di questa affermazione sono le più paradossali che si possano immaginare: se il mio pensiero coincide con l'oggetto pensato, è evidente che esso non può mai sbagliare, onde l'errore non esiste, e sarebbe un errore dire che esiste l'errore. Del resto, se tutto l'universo è dio, e quindi io sono dio, come può, in dio, esservi errore? Nel ricostruire la storia delle enunciazioni dottrinali di questi incredibili vaneggiamenti potrei risalire molto ma molto indietro, ma preferisco partire dal punto in cui essi irruppero liberamente nel pensiero filosofico occidentale e divennero culturalmente predominanti, e cioè dalle origini riconosciute dell'idealismo che, come è noto, altro non è che la filosofia del romanticismo. Tale filosofia ebbe il suo primo propugnatore in Johann Gottlieb Fichte (1762-1814). Riguardo a questo personaggio è significativo osservare che nel 1793 egli aderì alla Massoneria, iscrivendosi ad una Loggia di Zurigo e che l'anno immediatamente successivo, 1794, ottenne una cattedra alla Università di Jena. Fu proprio nello stesso 1794 che Fichte espose per la prima volta le dottrine che lo resero famoso. La grande novità della filosofia di Fichte è che egli nega la realtà del mondo, per affermare solo l'esistenza dello spirito umano. Alle origini di tutto, egli dice, vi è un io umano infinito, assolutamente libero e creatore.
Esso si contrappone, autolimitandosi, un non-io, la natura, che egli stesso produce e crea e in cui si rispecchia. Da questo rispecchiarsi dell'io nel non- io, e cioè nella natura da lui stesso creata, nasce la coscienza. In termini semplificatissimi, il principio di ogni cosa è uno spirito umano eterno, infinito e onnipotente, ma non ancora cosciente, che crea il mondo fisico per porselo davanti e, in opposizione ad esso, acquistare coscienza di sé stesso. Da questo suo rispecchiarsi e riconoscersi, e quindi dall'autocoscienza, deriva la conoscenza. Gli io singoli, empirici e finiti, il mio, il tuo, il suo, dipendono bensì dal non-io e cioè dalla natura, dal mondo che rispetto ad essi appare esterno e autonomo, ma partecipando dell'io assoluto, sono in grado di comprendere che il «non-io», e cioè, si ripete, il mondo, è prodotto dall'io. Non è questo il luogo di illustrare come Fichte spieghi questa sconcertante comprensione. Ai fini che qui ci interessano importa, invece, svolgere alcune considerazioni che saranno illuminanti per procedere oltre nella nostra esposizione:
- Fichte, massone, si richiama espressamente al pensiero del filosofo ebreo del Seicento Baruch Spinoza (1632-1677), che affermava appunto l'identità del pensiero e dell'essere, e quindi di dio e del mondo, nel quadro di una concezione panteista (tutto è dio), e quindi monista (tutto è uno). Come Fichte si dichiararono seguaci di Spinoza anche gli altri due principali esponenti dell'idealismo: Friedrich Schelling (1775-1854) e Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831). Assistiamo dunque, con l'idealismo, nato non per caso in ambiente protestante, al penetrare nel mondo cristianizzato dell'ebraismo talmudico-cabalistico, che, negando l'esistenza di un Dio personale - dotato di pensiero e volontà e trascendente rispetto al mondo - si risolve, appunto, in panteismo (se il mondo è increato, è assoluto e quindi divino 2). Ma lo scorso anno abbiamo dimostrato come il cabalismo costituisca l'essenza stessa del segreto massonico. Richiamandoci a quanto detto in quella sede, ci limiteremo qui a riportare, tratta dal Dizionario Massonico di Luigi Troisi, la seguente illuminante citazione: «La Kabbalah ebraica [...] è utilissima a ricercare i significati più profondi dei rituali di tutti i Gradi scozzesi». Il che equivale a dire che la Massoneria è tutta nella Kabbalah.
- Cabalisticamente, nella filosofia di Fichte, al posto di Dio viene messo l'uomo, il cui pensiero crea l'Universo. Ma quest'uomo, se ben ci pensate, è ambivalente. Alle origini esso è un lo e cioè un Uomo Assoluto, eterno e onnipotente, che crea l'Universo per riconoscersi in esso. Fichte dice che egli pone il non-io, e cioè la natura. Ma in questa sua operazione egli si spezza negli io empirici, e cioè negli innumerevoli individui che compongono il genere umano e che sono finiti, limitati, pur continuando ad esser parte dell'Uomo Assoluto e Originario.
Dunque, a ben vedere, vi è un uomo immenso, cosmico, che è all'origine di tutto e comprende tutta l'umanità, e in esso vi sono tanti uomini singoli che concorrono a formarlo come cellule di un unico immenso organismo. Questa dottrina costituisce la occulta radice esoterica dell'umanitarismo, e cioè della religione dell'uomo, e postula, come punto di arrivo politico, la reintegrazione dell'unità originaria spezzata in un unico Governo Mondiale.
Già a questo punto si impongono due evidenti considerazioni:
- il pensiero cabalistico, ebraico e massonico, si risolve nella sostituzione dell'uomo a Dio, e cioè nella rinnovazione del peccato originale suggerito ad Adamo ed Eva nel Genesi dal Serpente tentatore;
- Fichte non è l'ideatore di una nuova filosofia, ma solo l'agente incaricato di infiltrare e diffondere, nel modo cristiano, una dottrina assai diversa, soppiantando la filosofia scolastica (strettamente legata alla credenza nel Dio personale e creatore), e sostituendovi il culto dell'uomo. uomo divinizzatoAlla scolastica della religione cristiana si sostituisce quella della religione talmudica e cabalistica. Come abbiamo visto lo scorso anno è la stessa operazione iniziata tra il Quattro e il Cinquecento con l'Umanesimo, e in particolare con Pico della Mirandola (1463-1494), e portata avanti col protestantesimo. Martin Lutero (1483-1546) infatti, introducendo la dottrina talmudica del «libero esame» dei Testi Sacri, cancella l'oggettività della Rivelazione e della Legge Divina (garantita dall'assistenza dello Spirito Santo, particolarmente alla Chiesa gerarchica) e le sostituisce l'uomo divinizzato, interprete inappellabile del vero e della legge espressi in quei testi. In tal modo, esso diviene misura e fonte del Vero e del falso, del Bene e del male. Infatti, se tutte le interpretazioni, anche le più contrastanti sono vere, non vi è una verità oggettiva che vincola l'uomo, ma la «verità» è l'uomo stesso. Abbiamo già dimostrato lo scorso anno, in particolare attraverso l'esame della famosa stampa di Albrecht Dürer (1471-1528) intitolata Melancolia, come tutto ciò si inserisca in un contesto cospiratorio caratterizzato da una simbologia convenzionale che apparirà anche nei secoli successivi come marchio della grande congiura anticristiana. A questo riguardo è interessante osservare come i filosofi romantici fossero concordi nell'affermare 3 che la filosofia propalata da Fichte apriva una nuova era, in inglese si direbbe un New Age, nella storia del pensiero umano. Per rendersi conto della potenzialità rivoluzionaria e dirompente del pensiero di Fichte è necessario esaminare con attenzione la cosmogonia che esso sottintende e le tre fasi attraverso cui la medesima si svolge. Riprendiamola, dunque, in attenta considerazione.
All'origine di tutto, dice quel filosofo, vi è l'io umano assoluto e cioè l'uomo assoluto, l'uomo cosmico ed eterno, il quale non essendo materia e neppure pensiero, spirito, (perché il pensiero, la coscienza, sorge soltanto quando l'io si oppone al non-io e in esso si riflette) in buona sostanza si risolve in un nulla. Ciò è tanto vero che Fichte, facendo proprie le parole che il F\ Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), massone e Illuminato di Baviera, pone in bocca al mago Faust prima del patto con Mefistofele che, erettosi a suo demonio custode, lo porterà di peccato in peccato, alla redenzione diabolica, sostiene che «Im Anfang war die Tat» 4: al principio vi era l'azione. continua...
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