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| Risponde don Stefano Tarocchi, docente di Sacra Scrittura «Dio non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò in abissi tenebrosi, tenendoli prigionieri per il giudizio» (2 Pietro 2,4). Il testo, a cui fa riferimento il lettore, e che nel greco originale richiama il «Tartaro», come luogo di punizione ancor più profondo dell’Ade, è certamente in stretto legame con la breve lettera di Giuda (un solo capitolo!), e in particolare con il versetto richiamato: il Signore «tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del grande giorno, gli angeli che non conservarono il loro grado [lett. “autorità”] ma abbandonarono la propria dimora» (Giuda 6). Entrambi gli scritti apostolici fanno riferimento ad un passo decisamente oscuro del libro della Genesi: «Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. Allora il Signore disse: “Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni”. C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi» (Gen 6,1-4). L’episodio evoca il ricordo di una «razza insolente di superuomini» (Bibbia di Gerusalemme), che richiamano antiche mitologie di giganti (o titani), come un esempio della crescente perversità della specie umana. Si apre la strada al diluvio, quando Dio arriva fino ad esser disgustato d’aver creato l’uomo: «Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni disegno concepito dal loro cuore non era altro che male. E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo» (Gen 6,5-6).
Nei «figli di Dio» poc’anzi rammentati, la tradizione dell’ebraismo e i primi scrittori cristiani (fino al III secolo) hanno visto le figure di angeli colpevoli, ed esattamente «gli esseri gloriosi decaduti» (2 Pietro 2,10). CONTINUA...
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