| I QUADRATI MAGICI La storia dei quadrati magici è molto antica. Sembra che gli antichi Cinesi conoscessero un unico quadrato di ordine 3, che chiamavano “Lo Shu”, al quale è associata una leggenda secondo la quale una disastrosa piena del fiume Lo, causata dall’ira dal dio del fiume contro la popolazione, ebbe fine solo dalla comparsa di una tartaruga con inciso sul guscio il triangolo magico, che stava ad indicare di fare sacrifici a 15 divinità. La configurazione del "Lo Shu" era considerata simbolo di armonia e ispirava la pianta di templi e città, divisi in 3 × 3 settori. Si narra che intorno al 2800 a.C. nell'antica Cina, ai tempi della dinastia Shang, l'imperatore Yu si accorse che una tartaruga, dopo ogni inondazione del fiume "Lo" (affluente del fiume Giallo), passava con noncuranza al fianco del sacrificio offerto per il dio del fiume e poi tornava in acqua. L'imperatore notò sul guscio della tartaruga alcuni simboli che riuscì ad interpretare placando così la collera del fiume e le ripetute inondazioni. Inoltre c'è questa altra versione della vicenda: In un piccolo villaggio della Cina, situato lungo le rive del fiume "Lo", secoli e secoli fa, viveva un ragazzino ossuto dagli occhi vispi di nome. Il villaggio viveva di quel po' che la terra donava e che il fiume non inghiottiva durante i suoi straripamenti. Gli anziani, ormai da secoli, offrivano sacrifici al dio del fiume Lo Shu (il saggio del fiume Lo), nella speranza che questi contenesse le acque nel suo letto risparmiando i raccolti, ma, nonostante le offerte, il fiume ciclicamente straripava.
l ragazzo aveva assistito per la prima volta alla forza distruttrice delle acque quando aveva all'incirca 8 anni e da allora, ogni qualvolta l'evento si ripeteva, aveva preso l'abitudine, ad acque ritirate, di percorrere in lungo le rive del fiume alla ricerca di resti del raccolto o comunque di qualcosa da portare al suo anziano nonno. Durante una delle sue passeggiate post-straripamento notò tra i resti "concessi" dal fiume qualcosa che si agitava; si avvicinò e vide uno strano animale che cercava di divincolarsi. Aveva una specie di "corazza" sul dorso nella quale nascondeva sicuramente una testa di cui lui, però, poteva scorgere solo due profondi occhi spaventati. Si fece coraggio e si avvicinò quel tanto che gli permettesse di liberare una delle quattro zampe da un intrecciato arbusto. L'animale, libero, si fermò qualche secondo, poi, timidamente cominciò ad estrarre quella che doveva essere la testa, girò lentamente il collo in direzione del ragazzo e per un attimo i loro occhi si incrociarono. All'improvviso diresse lo sguardo verso il fiume e lentamente, molto lentamente, cominciò a muoversi verso l'acqua. Non si girò più. Intanto il ragazzo guardava l'animale incedere con quell'andatura quasi immobile, fino a vederlo sparire tra gli spruzzi verdastri del fiume.
Raccontò l'accaduto all'anziano nonno che, dalla descrizione fatta, riconobbe subito quella che doveva essere stata una tartaruga. "E' un animale sacro che porta buoni auspici a chi ha la fortuna di incontrarlo", disse il vecchio con voce sommessa. Quella notte il ragazzo non riuscì a dormire, aveva fissa davanti agli occhi l'immagine dell'animale e in particolar modo il suo dorso. Non aveva mai visto nulla di simile. Trascorse circa un anno e nuovamente il fiume straripò. Nonostante fosse passato del tempo, il ragazzo non aveva dimenticato nè l'animale, nè il suo strano guscio. Corse al fiume nella speranza di rivedere la tartaruga e lei era lì, ferma, sembrava lo stesse aspettando. La testa dell'animale era completamente fuori dalla guscio e si ergeva fieramente dritta all'estremità di un collo rugoso. Guardava verso il ragazzo che nel frattempo, un po' intimorito, gli andava incontro. I due vennero a contatto e la tartaruga acconsentì a farsi accarezzare. Erano lì, insieme, come due vecchi amici ed ognuno godeva della compagnia dell'altro. Durante quei minuti, il ragazzo notò che il dorso della tartaruga, che tanto lo aveva colpito la prima volta, era cambiato, c'era qualcosa di diverso. Delle macchie a forma quasi circolare si ripetevano in modo confuso, ma tra loro, erano comunque molto simili. Era giunto il momento di separarsi, la tartaruga cominciò a guardare verso il fiume, il ragazzo capì e la lasciò andare. Ancora una volta sparì tra le acque. "Nonno. E' tornata", gridò il ragazzo rientrando a casa. Riferì di quelle strane macchie confuse, del fatto che non c'erano la prima volta, ne era sicuro. L'anziano cominciò a pensare che forse quelle macchie potessero essere un segno, un messaggio, e che la stessa tartaruga, che il suo ragazzo aveva incontrato, poteva essere una viva manifestazione del dio del fiume, Lo Shu. "Io credo che il fiume stia cercando di dirti qualcosa.
La prossima volta verrò con te". Non dovettero aspettare molto. Infatti, dopo un altro anno circa, nuovamente le acque del fiume strariparono, distrussero il raccolto e poi si ritirarono. Nonno e nipote si diressero sulle rive e la tartaruga era nuovamente lì ad aspettare il suo giovane amico. Si avvicinò per primo il ragazzo e, mentre questi accarezzava dolcemente la testa dell'animale, pian piano anche l'anziano arrivò nei pressi. Si tenne a distanza sufficiente per poter vedere bene il dorso della tartaruga ed incise su un pezzo di corteccia una riproduzione di quelle strane macchie. Dopo qualche minuto, la tartaruga tornò alle sue acque. Quella sera, nel villaggio, soprattutto tra gli anziani, la tensione si fece palpabile e le discussioni in cerca di una spiegazione furono numerose, ognuno avanzava ipotesi e formulava congetture cercando di comprendere il messaggio nascosto di quelle strane macchie circolari che sembravano poste in modo caotico e senza alcun senso. Continuò così per diverse lune. Il ragazzo, nel frattempo, fremeva dalla curiosità; perchè era così importante per gli anziani riuscire ad interpretare le macchie sul guscio della sua amica tartaruga? Ricordava molto bene quello che aveva visto e lo riprodusse sul vecchio tavolo della cucina, ma al contrario del nonno, che sulla sua corteccia aveva inciso solo le macchie, cominciò col tracciare alcune linee che sembravano dividere il dorso corazzato dell'animale. Dopo le linee, che si intrecciavano suddividendo la superficie in diversi spazi, cominciò a disegnare le macchie cercando di posizionarle così come ricordava. Ne venne fuori una riproduzione abbastanza somigliante dell'animale e del suo guscio tanto discusso (figura sottostante). continua...
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