I VOLTI DELLA MAGIA: (4°e ultima parte)
La magia naturale, in sostanza, comprende: la Magia divinatoria, la Magia simpatica è la Magia analogica.
La Magia Divina o evocatoria invece comprende e abbraccia: la Magia lecita (teurgia); la Magia illecita (Magia nera); la goezia (necromanzia); la Magia simbolica (Magia cerimoniale).
Nel suo complesso la Magia è tutta una serie di teoremi dimostrabili e di esperienze ed effetti concreti.
Le verità magiche, per quanto astratte, devono avere la loro dimostrazione evidente nella realizzazione, come qualunque verità di matematica astratta ha la sua applicazione meccanica.
Bisogna d'altro canto considerare che, se pure le investigazioni umane progrediscono coi tempi e moltissime verità occulte possono essere dimostrate con ragionamenti e con ammissibili ipotesi, altre verità non possono essere dimostrate e tenute per vere che dalla constatazione dell'effetto, perché il ragionamento, che ha trattamenti proverebbe la loro esistenza, si basa su una filosofia sottile detta ermetica, la quale, pur vera, non è compresa che dalle intelligenze umane maggiormente progredite.
Le esperienze e le dimostrazioni scientifiche possono cominciare a riguardare, per esempio, i fenomeni telepatici, come sta accadendo presso molti moderni non iniziati in Europa e in America.
Oggetto della Magia evocatoria, come s'è detto, è l'appello a un essere soprannaturale, che potrà essere un Dio, una delle entità soprannaturali intermedie tra gli uomini e gli dei, oppure le anime dei morti: generalmente l'appello è rivolto a demoni, geni e anime di morti.
È necessario per l'evocazione conoscere bene il nome dell'essere invocato; se non si conoscono infatti gli occulti legami che esistono tra l'essere e il suo nome, non si può riuscire nell'evocazione.
Il nome è parte integrante dell'operazione magica e la conoscenza del nome è la condizione essenziale per qualsiasi Magia che si possa esercitare su altri individui.
Lo spirito sente come l'uomo l'appello del nome, la sua attenzione si sveglia ed egli risponde all'appello come l'uomo e come l'animale domestico.
In Caldea il nome della divinità era di per sé stesso così potente che bastava a sottomettere il cielo e l'inferno.
Anche gli egizi credevano che tra il Dio e il suo nome esistesse una relazione tale che l'appello del nome lo costringesse a ubbidire.
Agrippa spiega:
"Benché Dio sia uno, ha diversi nomi, i quali non esprimono diverse essenze o divinità, ma alcune virtù da esso emananti, mediante questi nomi, molti benefici si spannano su di noi e sulle cose create".
Il Maxwell sostiene che è proprio alla persistenza delle intrinseco potere del nome che si deve anche attribuire l'immissione delle lingue antiche nei rituali religiosi e magici.
Infatti la lingua arcaica è sopravvissuta per molto tempo in Africa e in Caldea nei testi magici; anche gli scongiuri arabi contengono parole estranee all'arabo.
Così, per la forza acquisita da questi nomi e da queste lingue arcaiche, i maghi del XVI secolo e i loro contemporanei continuatori sono rimasti fedeli alla lingua ebraica.
Agrippa, il grande occultista, addirittura ritiene che questa sia la lingua degli angeli, visto che è la più antica, e che mani dal cielo.
È ben certo che i nomi degli angeli e di molte entità sono scritti in caratteri ebraici nei pentacoli classici, né talismani, nei filatteri e anche in taluni caratteri raffigurati nel cerchio magico.
Tuttavia molti nomi e termini usati in magia non hanno, in nessuna lingua, un senso, e talvolta sono perfino di impossibile pronuncia.
A questa oscura origine risale certamente lo scongiuro di Papa Leone III nell'Enchiridion:
"...unus Deus Messias Soter Emanuel Sabaoth, Adonai coteration ysion son Jon con son osam Salus".
(Tratto dall'enciclopedia della magia e della stregoneria)